mercoledì 28 settembre 2011

Dialoghi immaginari.

Il re incontra il principe di Sansevero e ricorda la sua cappella di famiglia che oggi è un importante museo. Ferdinando IV e la cappella Sansevero.
Caro principe è sempre un bell’ incontro il nostro perché voi mi spiegate tante cose scientifiche: adesso l’ho capito che non erano stregonerie le vostre.
Eh maestà e quanto ho sofferto ai miei tempi quando la gente, vedendomi passare si segnava, faceva gli scongiuri: insomma un’amarezza che non mi meritavo. E anche i nobili, miei pari, facevano le corna, Maestà, che vi devo dire, l’ignoranza regnava sovrana. E pure il mio palazzo teneva una brutta nominata: prima di appartenere al mio casato era del principe Carlo Gesualdo di Venosa che aveva ucciso la moglie Maria D’Avalos insieme all’amante Fabrizio Carafa, proprio tra quelle mura. Poi io nelle cantine sperimentavo nei miei laboratori e il popolino diceva che tenevo i collegamenti con l’Inferno. 
Eh, ma mio padre vi teneva però in grande considerazione: vi chiamava sempre a palazzo ed io che ero bambino, mi ricordo che una volta avete inventato per lui, che usciva sempre a caccia pure con la pioggia, un mantello impermeabile così non si bagnava. Principe, che tempi d’oro per il nostro reame.
Avete ragione maestà, voi eravate piccolo ma il vostro grande padre forse era l’unico di tutti i parrucconi della corte che aveva capito che io precorrevo i tempi e si fidava di quello che facevo io. Era un re illuminato e mi viene in mente che mi chiese pure un sistema per svolgere i papiri che venivano fuori dagli scavi di Ercolano, ca nessuno ci riusciva perchè si sbriciolavano in mille pezzettini. 
Eh principe ora capisco tante cose: adesso che siamo quassù in questa nostra attesa, ve lo posso confessare: pure io facevo le corna quando vi vedevo. 
Mio sire io sopportavo tutto, perché avevo degli ideali da raggiungere; quante cose volevo inventare ma il tempo della vita non basta mai. L’unica cosa che ho realizzato con grandissimi sacrifici miei e della mia famiglia che non si poteva comprare neanche un palco al San Carlo e tante volte mancavano anche le cose essenziali per vivere, è stata la cappella di famiglia che ancora oggi modestamente è un vanto della città di Napoli. 
Avete ragione principe, voi siete rimasto nella storia, non tanto perché eravate un inventore ma per la cappella che porta il vostro nome e che contiene quelle opere straordinarie che le vengono a vedere da ogni parte. Principe, con la vostra cappella fanno comme a Caserta quando vanno a visitare i miei appartamenti: entrano, guardano, si meravigliano e poi se ne vanno .
La consolazione della mia vita è stata quella cappella, Maestà, cominciata da mio padre e sempre interrotta perché finivano i denari. Pensate maestà che chilli puverielli dei miei figli, s’hanna avuta spusà certe bruttone perchè tenevano i soldi che io dopo il matrimonio glieli scippavo, sempre per finire la cappella.
Eh, ma potete essere orgoglioso caro principe, la cappella Sansevero con le sue opere misteriose, ancora attira tanta gente: è diventata addirittura un museo comme a tutti i palazzi miei. Ci stanno quei due corpi che la gente ancora si chiede se sono veri o finti e poi quel Cristo velato che è proprio un capolavoro e poi tutte quelle statue ognuna cu nu significato. Principe mo me lo potete dire: voi eravate un pezzo grosso dei massoni napoletani, é overo? 
Ebbene si maestà, ero gran maestro massone ma allora Massoneria significava cultura, libertà di capire le cose, insomma una luce in tanto degrado spirituale e materiale. 
E va bene principe non vi riscaldate: anche se non vi hanno dato il premio Nobel come lo danno agli scienziati di oggi, il vostro nome non morirà mai, come il mio modestamente perchè ero nu re. Abbiamo parlato tanto ma non ci sente nessuno, siamo solo fantasmi. (di Alba Cetara Muto)

Fonte: Lunaset