Le ragioni di una mostra: cosa dire...
È davvero difficile scomporre emozioni del cuore e sentimenti di meraviglia
quando si parla di Megaride, Partenope, Palepoli, Neapolis.
Ma di quante città parliamo?
Di diversi insediamenti stratificati e distribuiti in quasi tremila anni di
storia certificata che affonda le sue radici nel mito e nella leggenda che
costituiscono la texture di quella geografia sacra e profana che si compone di
palazzi e chiese, di templi e luoghi sacri, di cardines e decumani, di fontane
e obelischi.
Napoli è una cornucopia, simile a quella che troneggia fra le mani della statua
del dio Nilo, piena di simboli allegorici ed esoterici che attendono di essere
decifrati da coloro che hanno desiderio di conoscere le meraviglie che
nascondono, nonché aspettano di essere approfonditi da coloro che, già
sapienti, hanno deciso di perfezionarne la conoscenza.
Sin dal giorno in cui, un paio di anni fa, ci siamo rincontrati io e il maestro
fotografo Mario Zifarelli, abbiamo espresso all’unisono una necessità.
Quella di realizzare una raccolta e una diffusione di immagini riproducenti
dettagli poco conosciuti di opere d’arte e di luoghi peculiari ed esclusivi di
una realtà cittadina che, comunque e pur nella confusione di sottofondo tipica
di quella che è un’antica e nello stesso tempo moderna metropoli, merita di
essere valorizzata agli occhi dell’osservatore disattento ed anche agli occhi
di coloro che sono corazzati da irrazionali opinioni precostituite e idee
preconcette.
Propaganda mediatica ultracentenaria docet.
Accomunati da questo provvidenziale intento, e senza indugio, abbiamo
riannodato il nodo della stima umana e del rispetto delle reciproche competenze
professionali partendo per un lungo viaggio di superficie e per un altrettanto
impegnativo viaggio sotterraneo incontrando testimonianze del passato più
arcaico e primigenio ma anche di quello più recente.
La mia sia pur non esaustiva ma entusiastica conoscenza dei luoghi più
suggestivi della Napoli fisica e l’esperienza e la perizia tecnico-artistica in
campo fotografico di Mario Zifarelli, sublimate dall’amore per la nostra città
e dalla passione che contraddistinguono i nostri rispettivi caratteri, hanno fatto
sì che le nostre intenzioni siano state premiate dal genius loci civico che in
men che non si dica ci ha consentito di interagire con tutti i luoghi e tutti i
siti che abbiamo visitato svelando, e non a caso utilizzo il verbo “svelare”
visto il
titolo che abbiamo dato alla mostra, particolari e dettagli davvero
inusuali.
Come dire un approccio fenomenologico da cui, di certo, gli studiosi di
esoterismo potranno desumere
significati metafisici ma anche e soprattutto ontologici.
D’altra parte per Servio, commentatore romano di Virgilio, “nullus locus
sine Genio” e, tutti coloro che amano la nostra città e ne conoscono la storia,
possono affermare senza tema di smentita, che il genius loci partenopeo è
davvero potente se ne ha consentito la plurimillenaria sopravvivenza e la
squillante vitalità
dei suoi abitanti.
Nel silenzio assordante che proviene da altri territori a noi più vicini ma
anche da aree geografiche più lontane che ingenerano un horror vacui per
l’insignificanza storica e per l’impossibilità di apportare contenuti culturali
nel vasto panorama della conoscenza, è proprio la squillante vitalità
partenopea che ancora una volta ci ha stimolato alla ricerca e ci ha
consapevolmente riunito in convegno, preludio alla mostra che ha il compito di aprire
numerose finestre su un passato che, tutto sommato, è ancora vivo e vibrante.
D’altra parte è anche vero che nell’antica India, stando a ciò che riportano i
maggiori studiosi vedici, e nella a noi più vicina filosofia pitagorica ogni
forma fisica va considerata come una manifestazione necessaria del suono;
pertanto la sinfonia che io e Mario Zifarelli abbiamo avuto il privilegio di
ascoltare, durante il nostro iter incertus, ci ha rasserenato e posto in
condizione di continuare l’esplorazione senza mai esitare.
Sin dai miti fondativi dello spiaggiamento della Sirena Partenope, dell’abilità
oracolare della Sibilla Cumana, delle virtù magiche e profetiche del Mago
Virgilio, della liquefazione del sangue del Santo Patrono Januario, della
cultura ermetico-filosofica del monaco visionario Giordano Bruno ed ancora
dell’alchimia illuminata del Principe di Sansevero, un filone esoterico si
snoda attraverso quello che Sigfrido Höbel ha mirabilmente identificato come un
“fiume segreto” che, dunque, comportandosi alla stregua di un fiume carsico,
scompare e ricompare quando le menti più evolute e i cuori più consapevoli sono
pronti ad immergersi nelle acque dei canali ipogei, degli inghiottitoi e delle
risorgive che, di tanto in tanto, consentono al fiume di riemergere.
La nostra ricerca ci ha consentito, metaforicamente, di seguire le indicazioni
offerte dall’acrostico ermetico di Basilio Valentino che recita V.I.T.R.I.O.L.:
”Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem” ovvero:
“Penetra nelle viscere della terra e, percorrendo il retto sentiero, scoprirai
la pietra che si cela ai tuoi occhi”.
Certo in tal caso non è un’operazione che abbiamo condotto con la stessa
perizia di chi, opportunamente istruito entra, per esempio, nel Gabinetto di Meditazione
e comincia a indagare dentro di sé al fine di purificarsi dalle impurità che lo
condizionano, tuttavia abbiamo avuto la sensazione di scavare in un pozzo
davvero profondo e di riportare alla luce antichi significati e nuove emozioni
fino a qualche tempo fa intuiti ma lontani dai nostri orizzonti.
Da Castel dell’Ovo, dove ci siamo simbolicamente riuniti, al costone
tufaceo di Monte Echia, dalla fontana di Spina Corona alla Crypta Neapolitana,
dal bugnato della Chiesa del Gesù Nuovo alla statua del dio Nilo, dal Cristo
Velato della Cappella Sansevero all’ipogeo di Santa Maria delle Anime del
Purgatorio ad Arco, il percorso ci ha condotto nell’Antro della Sibilla a Cuma
da cui partì la seconda ondata migratoria greca verso le coste partenopee, nel
VII°sec.a.C..
Naturalmente non posso citare tutto il percorso per non tediare, ma
desidero chiarire che l’itinerario non è stato pianificato bensì è stato frutto
di un camminare spontaneo, apparentemente senza meta, seguendo una pista
energetica con cui io e Mario Zifarelli ci siamo “fasati”, per usare un termine
mutuato dall’elettrotecnica, in quanto la sensazione prevalente è stata quella
di aver risposto ad un richiamo di carattere magnetico.
Fermo restando che, nel mio caso specifico, tale richiamo è sempre stato
fortissimo ma non avendo mai avuto la passione per la fotografia, non mi è
stato possibile ripercorrere e documentare l’itinerario, che oggi è finalmente
sottoposto all’attenzione degli osservatori.
Da quando ho collaborato al restauro conservativo dell’Ipogeo della Chiesa
delle Anime del Purgatorio ad Arco, avendo avuto l’onore di lavorare con
l’antropologo di chiara fama Pier Paolo Petrone, ho avuto modo di sviluppare
maggiormente l’interesse per le arcane antichità partenopee e di verificare ciò
che il patriarca dell’antropologia argentina Alberto Rex Gonzàlez ebbe a
scrivere: “El pasado ejerce una atracciòn magnetica”.
E chi avverte questa attrazione magnetica non può non convenire che la nostra
città costituisce un prezioso giacimento di cultura sedimentata laddove è
possibile approfondire tutte le tematiche relative all’antropologia culturale,
religiosa e simbolica; cosa molto importante, e per citare lo stesso Gonzalez,
lo studio può e deve essere applicato al ruolo dei sistemi simbolici
nell’evoluzione culturale.
Ebbene, noi con la mostra fotografica “Napoli Svelata” riteniamo di aver dato
un triplice apporto: documentaristico - estetico dal momento che
l’obiettivo della fotocamera si è concentrato sull’essenza stessa dell’immagine
inquadrata; antropologico in quanto, attraverso la nostra ricerca, sono
state evidenziate le caratteristiche e il comportamento dell’Homo
Partenopeus nel corso dei secoli e dei millenni; esoterico visto e
considerato che, come ha sostenuto l’antropologo americano Leslie White negli
anni ’40 “l’uomo è un animale simbolico”; ebbene, nel corso delle nostre
ricerche, di simboli ne abbiamo rintracciati dappertutto in notevoli quantità.
Anzi oseremo dire che l’Homo Partenopeus incarna, finanche con la
sua complessa e nello stesso tempo spontanea arte gestuale, lo spirito
simbolico e inonda il suo perimetro vitale di stati d’animo, sentimenti e idee.
L’apporto esoterico, in questa sede, è quello che più ci interessa ma lasciamo
la decifrazione delle regole di una matematica nascosta e di geometrie sacre a
chi possiede le necessarie competenze.
Pensiamo invece che la mostra debba essere esaminata alla stessa maniera con
cui si scorrono le pagine del canonico Carlo Celano che, alla fine del ‘600,
censiva e descriveva minuziosamente i monumenti della città in “Le notizie del
bello e del curioso della città di Napoli”.
Io e “Zif” non azzardiamo ipotesi, non elaboriamo teorie, non vogliamo
cimentarci in spiegazioni, ma riportiamo solo immagini attraverso cui indichiamo
strade che l’osservatore deve percorrere da solo, Guru di se stesso, dando un
senso a ciò che lo circonda.
Ciò è stato opportunamente chiarito in una recente nostra intervista andata
in onda sulla Rai.
È in gioco una partita troppo importante, in un momento di crisi profonda come
quello che stiamo attraversando, che riguarda il recupero di un’identità
storica che non può e non deve andare dispersa in quel melting-pot che azzera
le ricchezze culturali di un popolo e svilisce quell’unicum antropologico che
caratterizza Napoli e i suoi abitanti.
Il nostro obiettivo consiste quindi soltanto nell’incentivare la curiosità,
la cupido cognitionis e la consapevolezza che, di norma, dovrebbero
caratterizzare popoli che si richiamano alla filosofia platonica, agli ideali
estetici della Magna Grecia e al pensiero meridiano che, infaticabilmente,
costruisce i filoni logici e dunque emozionali di ogni uomo che ha avuto il
privilegio di nascere e di vivere nella capitale della Campania Felix.
A questo punto dobbiamo tornare, per un attimo, indietro nel tempo.
Le circa sessanta foto rappresentano l’evoluzione di un lavoro già
cominciato tempo fa e di cui un primo step è stato mosso nel novembre del 2012
quando un nucleo di 26 scatti furono esposti, con grande successo, nei saloni
del Comitato dell’Avana della Società Dante Alighieri, nel corso di un
vernissage inaugurato dall’ambasciatore italiano a Cuba S.E. Carmine
Robustelli.
Mentre l’esperienza caraibica ha consentito ai cubani e agli habaneri di
conoscere gli aspetti più insoliti di Napoli, la più epicurea città della Magna
Grecia, l’attuale mostra rappresenta un’opportunità per tutti i napoletani di
riprendere quel mitico filo d’oro che li collega alle origini, e di
approfondire la conoscenza di un pianeta rimasto per troppo tempo sconosciuto:
se stessi.
Infatti anche noi partenopei rischiamo seriamente di scollegarci dalla
nostra antica matrice e di rinunciare a comprendere significati che ci
appartengono e che non devono rimanere res inexplicates; pena lo svuotamento
colpevole e premeditato di una profondità storica e di un primato culturale che
tutti noi abbiamo il compito di proteggere.
Ci permettiamo di insistere sull’importanza dell’aspetto emozionale della
ricerca fotografica che Mario Zifarelli presenta perché è proprio l’emozione
che ci ha consentito di provocare quel pathos e quello stupore che riscontriamo
sul volto e nello sguardo di chi osserva le foto da lui scattate.
È quello il momento in cui il cuore che, al contrario di ciò che comunemente si
crede influisce sul cervello e lo attiva con l’invio di una miriade di
neurotrasmettitori, elabora le immagini con le sue 40.000 cellule nervose e
innesca la reazione emotiva.
Non a caso per gli antichi Egizi il cuore costituiva la sede del pensiero
ed era oggetto di infinite attenzioni durante e dopo la vita; parimenti non va
dimenticato che l’antichità vide un vero e proprio travaso di cultura egizia
proprio nel centro del centro storico di Napoli; e la memoria corre
all’epigrafe sul rosone della Porta Alchemica della romana Villa Palombara
“Centrum in trigono centri” (il centro è nel trigono del centro).
Napoli incarna, con tutti i suoi misteri e con l’autorevolezza dei personaggi
che l’hanno abitata o che l’hanno visitata, il metodo socratico della
maieutica; ovvero essa aiuta l’osservatore a tirar fuori i suoi pensieri
personali e profondi proprio come, ci auguriamo, possa fare la mostra di “Zif”.
Qualcuno potrà aver già visto dettagli, simboli, ambienti o paesaggi proposti
nella mostra fotografica di Castel dell’Ovo, tuttavia è bene ricordare che,
come suggerisce Marcel Proust, “è possibile osservare le stesse cose con occhi
diversi”; ricavandone – aggiungiamo noi - emozioni profonde a tal punto da
riallacciarsi alle correnti energetiche sottili come quelle telluriche,
ambientali, cosmiche e psichiche, di cui Napoli è smisuratamente ricca e da cui
scaturisce il senso di appartenenza al tutto.
Parliamo di Eros la forza dell’amore che ci ricollega alla terra di origine per
via genetica e all’universo per via cosmica.
Il senso di tale affermazione è stato approfondito dalle geniali intuizioni di
Giordano Bruno nel XVI° secolo e ha ricevuto l’imprimatur, in epoca contemporanea,
dalla fisica quantistica.
Parliamo anche della nuova concezione di Homo Eroticus proposta dal
sociologo della Sorbona Michael Maffesoli, nel corso di una recente lectio
magistralis e riportata in alcuni suoi scritti accademici laddove, in
conseguenza della crisi del razionalismo moderno e dello schema sociale che ne è
derivato negli ultimi secoli, evidenzia il riaffioramento prepotente della
sfera emozionale.
Ciò sarebbe dimostrato dalle nuove aggregazioni di pensiero manifestate
attraverso internet, quindi i blog, i social forum, le community, le chat, le
newsgroup, tutte orientate in grandi filoni tematici a sfondo emozionale;
ovvero il desiderio di rendere pubblici gli interessi comuni, i sentimenti e le
emozioni.
E siamo in pieno pensiero postmoderno con protagonista assoluto l’ Homo
Partenopeus che da sempre, a causa di un profondo meccanismo genetico,
privilegia tale stile vita comunicativo.
A tal proposito giova ricordare che Mario Zifarelli sente l’esigenza di
scattare istantanee che ritraggono simboli, segni e miti che per loro stessa
natura tramandano insegnamenti antichissimi che solo con il cuore possono
essere compresi in epoca moderna e contemporanea.
Per queste ragioni abbiamo a che fare con il fondatore della scuola
fotografica esoterica partenopea.
Qui e ora, hic et nunc, le fotografie scattate a una Napoli emblematica che
continua a esercitare il suo fascino ammaliatore, rappresentano i segni di
riconoscimento di una occulta forma di conoscenza che dal passato irrompe nel
presente e si attualizza, perennemente in cerca di coloro che sono in grado di
decifrare le misteriose immagini.
“Napoli Svelata” costituisce un dono che intendiamo porgere alla città che
ci ha dato i natali e ai nostri fratelli che la abitano, ma è anche un gesto di
speranza per un futuro in cui ancora qualche volenteroso cercatore di verità
dedicherà la sua esistenza alla decifrazione di quegli stessi simboli.
Fonte: Antonio Tortora