lunedì 28 ottobre 2013

Napoli Svelata a Castel dell’Ovo di Antonio Tortora

Le ragioni di una mostra: cosa dire...
È davvero difficile scomporre emozioni del cuore e sentimenti di meraviglia quando si parla di Megaride, Partenope, Palepoli, Neapolis.
Ma di quante città parliamo?
Di diversi insediamenti stratificati e distribuiti in quasi tremila anni di storia certificata che affonda le sue radici nel mito e nella leggenda che costituiscono la texture di quella geografia sacra e profana che si compone di palazzi e chiese, di templi e luoghi sacri, di cardines e decumani, di fontane e obelischi.

Napoli è una cornucopia, simile a quella che troneggia fra le mani della statua del dio Nilo, piena di simboli allegorici ed esoterici che attendono di essere decifrati da coloro che hanno desiderio di conoscere le meraviglie che nascondono, nonché aspettano di essere approfonditi da coloro che, già sapienti, hanno deciso di perfezionarne la conoscenza.

Sin dal giorno in cui, un paio di anni fa, ci siamo rincontrati io e il maestro fotografo Mario Zifarelli, abbiamo espresso all’unisono una necessità.
Quella di realizzare una raccolta e una diffusione di immagini riproducenti dettagli poco conosciuti di opere d’arte e di luoghi peculiari ed esclusivi di una realtà cittadina che, comunque e pur nella confusione di sottofondo tipica di quella che è un’antica e nello stesso tempo moderna metropoli, merita di essere valorizzata agli occhi dell’osservatore disattento ed anche agli occhi di coloro che sono corazzati da irrazionali opinioni precostituite e idee preconcette.
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Accomunati da questo provvidenziale intento, e senza indugio, abbiamo riannodato il nodo della stima umana e del rispetto delle reciproche competenze professionali partendo per un lungo viaggio di superficie e per un altrettanto impegnativo viaggio sotterraneo incontrando testimonianze del passato più arcaico e primigenio ma anche di quello più recente.
La mia sia pur non esaustiva ma entusiastica conoscenza dei luoghi più suggestivi della Napoli fisica e l’esperienza e la perizia tecnico-artistica in campo fotografico di Mario Zifarelli, sublimate dall’amore per la nostra città e dalla passione che contraddistinguono i nostri rispettivi caratteri, hanno fatto sì che le nostre intenzioni siano state premiate dal genius loci civico che in men che non si dica ci ha consentito di interagire con tutti i luoghi e tutti i siti che abbiamo visitato svelando, e non a caso utilizzo il verbo “svelare” visto il
titolo che abbiamo dato alla mostra, particolari e dettagli davvero inusuali.
Come dire un approccio fenomenologico da cui, di certo, gli studiosi di esoterismo potranno desumere
significati metafisici ma anche e soprattutto ontologici.
D’altra parte per Servio, commentatore romano di Virgilio, “nullus locus sine Genio” e, tutti coloro che amano la nostra città e ne conoscono la storia, possono affermare senza tema di smentita, che il genius loci partenopeo è davvero potente se ne ha consentito la plurimillenaria sopravvivenza e la squillante vitalità
dei suoi abitanti.
Nel silenzio assordante che proviene da altri territori a noi più vicini ma anche da aree geografiche più lontane che ingenerano un horror vacui per l’insignificanza storica e per l’impossibilità di apportare contenuti culturali nel vasto panorama della conoscenza, è proprio la squillante vitalità partenopea che ancora una volta ci ha stimolato alla ricerca e ci ha consapevolmente riunito in convegno, preludio alla mostra che ha il compito di aprire numerose finestre su un passato che, tutto sommato, è ancora vivo e vibrante.

D’altra parte è anche vero che nell’antica India, stando a ciò che riportano i maggiori studiosi vedici, e nella a noi più vicina filosofia pitagorica ogni forma fisica va considerata come una manifestazione necessaria del suono; pertanto la sinfonia che io e Mario Zifarelli abbiamo avuto il privilegio di ascoltare, durante il nostro iter incertus, ci ha rasserenato e posto in condizione di continuare l’esplorazione senza mai esitare.

Sin dai miti fondativi dello spiaggiamento della Sirena Partenope, dell’abilità oracolare della Sibilla Cumana, delle virtù magiche e profetiche del Mago Virgilio, della liquefazione del sangue del Santo Patrono Januario, della cultura ermetico-filosofica del monaco visionario Giordano Bruno ed ancora dell’alchimia illuminata del Principe di Sansevero, un filone esoterico si snoda attraverso quello che Sigfrido Höbel ha mirabilmente identificato come un “fiume segreto” che, dunque, comportandosi alla stregua di un fiume carsico, scompare e ricompare quando le menti più evolute e i cuori più consapevoli sono pronti ad immergersi nelle acque dei canali ipogei, degli inghiottitoi e delle risorgive che, di tanto in tanto, consentono al fiume di riemergere.

La nostra ricerca ci ha consentito, metaforicamente, di seguire le indicazioni offerte dall’acrostico ermetico di Basilio Valentino che recita V.I.T.R.I.O.L.: ”Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem” ovvero: “Penetra nelle viscere della terra e, percorrendo il retto sentiero, scoprirai la pietra che si cela ai tuoi occhi”.
Certo in tal caso non è un’operazione che abbiamo condotto con la stessa perizia di chi, opportunamente istruito entra, per esempio, nel Gabinetto di Meditazione e comincia a indagare dentro di sé al fine di purificarsi dalle impurità che lo condizionano, tuttavia abbiamo avuto la sensazione di scavare in un pozzo davvero profondo e di riportare alla luce antichi significati e nuove emozioni fino a qualche tempo fa intuiti ma lontani dai nostri orizzonti.
Da Castel dell’Ovo, dove ci siamo simbolicamente riuniti, al costone tufaceo di Monte Echia, dalla fontana di Spina Corona alla Crypta Neapolitana, dal bugnato della Chiesa del Gesù Nuovo alla statua del dio Nilo, dal Cristo Velato della Cappella Sansevero all’ipogeo di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, il percorso ci ha condotto nell’Antro della Sibilla a Cuma da cui partì la seconda ondata migratoria greca verso le coste partenopee, nel VII°sec.a.C..
Naturalmente non posso citare tutto il percorso per non tediare, ma desidero chiarire che l’itinerario non è stato pianificato bensì è stato frutto di un camminare spontaneo, apparentemente senza meta, seguendo una pista energetica con cui io e Mario Zifarelli ci siamo “fasati”, per usare un termine mutuato dall’elettrotecnica, in quanto la sensazione prevalente è stata quella di aver risposto ad un richiamo di carattere magnetico.
Fermo restando che, nel mio caso specifico, tale richiamo è sempre stato fortissimo ma non avendo mai avuto la passione per la fotografia, non mi è stato possibile ripercorrere e documentare l’itinerario, che oggi è finalmente sottoposto all’attenzione degli osservatori.
Da quando ho collaborato al restauro conservativo dell’Ipogeo della Chiesa delle Anime del Purgatorio ad Arco, avendo avuto l’onore di lavorare con l’antropologo di chiara fama Pier Paolo Petrone, ho avuto modo di sviluppare maggiormente l’interesse per le arcane antichità partenopee e di verificare ciò che il patriarca dell’antropologia argentina Alberto Rex Gonzàlez ebbe a scrivere: “El pasado ejerce una atracciòn magnetica”.

E chi avverte questa attrazione magnetica non può non convenire che la nostra città costituisce un prezioso giacimento di cultura sedimentata laddove è possibile approfondire tutte le tematiche relative all’antropologia culturale, religiosa e simbolica; cosa molto importante, e per citare lo stesso Gonzalez, lo studio può e deve essere applicato al ruolo dei sistemi simbolici nell’evoluzione culturale.

Ebbene, noi con la mostra fotografica “Napoli Svelata” riteniamo di aver dato un triplice apporto: documentaristico - estetico dal momento che l’obiettivo della fotocamera si è concentrato sull’essenza stessa dell’immagine inquadrata; antropologico in quanto, attraverso la nostra ricerca, sono state evidenziate le caratteristiche e il comportamento dell’Homo Partenopeus nel corso dei secoli e dei millenni; esoterico visto e considerato che, come ha sostenuto l’antropologo americano Leslie White negli anni ’40 “l’uomo è un animale simbolico”; ebbene, nel corso delle nostre ricerche, di simboli ne abbiamo rintracciati dappertutto in notevoli quantità.
Anzi oseremo dire che l’Homo Partenopeus incarna, finanche con la sua complessa e nello stesso tempo spontanea arte gestuale, lo spirito simbolico e inonda il suo perimetro vitale di stati d’animo, sentimenti e idee.

L’apporto esoterico, in questa sede, è quello che più ci interessa ma lasciamo la decifrazione delle regole di una matematica nascosta e di geometrie sacre a chi possiede le necessarie competenze.

Pensiamo invece che la mostra debba essere esaminata alla stessa maniera con cui si scorrono le pagine del canonico Carlo Celano che, alla fine del ‘600, censiva e descriveva minuziosamente i monumenti della città in “Le notizie del bello e del curioso della città di Napoli”.
Io e “Zif” non azzardiamo ipotesi, non elaboriamo teorie, non vogliamo cimentarci in spiegazioni, ma riportiamo solo immagini attraverso cui indichiamo strade che l’osservatore deve percorrere da solo, Guru di se stesso, dando un senso a ciò che lo circonda.
Ciò è stato opportunamente chiarito in una recente nostra intervista andata in onda sulla Rai.

È in gioco una partita troppo importante, in un momento di crisi profonda come quello che stiamo attraversando, che riguarda il recupero di un’identità storica che non può e non deve andare dispersa in quel melting-pot che azzera le ricchezze culturali di un popolo e svilisce quell’unicum antropologico che caratterizza Napoli e i suoi abitanti.
Il nostro obiettivo consiste quindi soltanto nell’incentivare la curiosità, la cupido cognitionis e la consapevolezza che, di norma, dovrebbero caratterizzare popoli che si richiamano alla filosofia platonica, agli ideali estetici della Magna Grecia e al pensiero meridiano che, infaticabilmente, costruisce i filoni logici e dunque emozionali di ogni uomo che ha avuto il privilegio di nascere e di vivere nella capitale della Campania Felix.
A questo punto dobbiamo tornare, per un attimo, indietro nel tempo.
Le circa sessanta foto rappresentano l’evoluzione di un lavoro già cominciato tempo fa e di cui un primo step è stato mosso nel novembre del 2012 quando un nucleo di 26 scatti furono esposti, con grande successo, nei saloni del Comitato dell’Avana della Società Dante Alighieri, nel corso di un vernissage inaugurato dall’ambasciatore italiano a Cuba S.E. Carmine Robustelli.
Mentre l’esperienza caraibica ha consentito ai cubani e agli habaneri di conoscere gli aspetti più insoliti di Napoli, la più epicurea città della Magna Grecia, l’attuale mostra rappresenta un’opportunità per tutti i napoletani di riprendere quel mitico filo d’oro che li collega alle origini, e di approfondire la conoscenza di un pianeta rimasto per troppo tempo sconosciuto: se stessi.
Infatti anche noi partenopei rischiamo seriamente di scollegarci dalla nostra antica matrice e di rinunciare a comprendere significati che ci appartengono e che non devono rimanere res inexplicates; pena lo svuotamento colpevole e premeditato di una profondità storica e di un primato culturale che tutti noi abbiamo il compito di proteggere.
Ci permettiamo di insistere sull’importanza dell’aspetto emozionale della ricerca fotografica che Mario Zifarelli presenta perché è proprio l’emozione che ci ha consentito di provocare quel pathos e quello stupore che riscontriamo sul volto e nello sguardo di chi osserva le foto da lui scattate.

È quello il momento in cui il cuore che, al contrario di ciò che comunemente si crede influisce sul cervello e lo attiva con l’invio di una miriade di neurotrasmettitori, elabora le immagini con le sue 40.000 cellule nervose e innesca la reazione emotiva.
Non a caso per gli antichi Egizi il cuore costituiva la sede del pensiero ed era oggetto di infinite attenzioni durante e dopo la vita; parimenti non va dimenticato che l’antichità vide un vero e proprio travaso di cultura egizia proprio nel centro del centro storico di Napoli; e la memoria corre all’epigrafe sul rosone della Porta Alchemica della romana Villa Palombara “Centrum in trigono centri” (il centro è nel trigono del centro).

Napoli incarna, con tutti i suoi misteri e con l’autorevolezza dei personaggi che l’hanno abitata o che l’hanno visitata, il metodo socratico della maieutica; ovvero essa aiuta l’osservatore a tirar fuori i suoi pensieri personali e profondi proprio come, ci auguriamo, possa fare la mostra di “Zif”.

Qualcuno potrà aver già visto dettagli, simboli, ambienti o paesaggi proposti nella mostra fotografica di Castel dell’Ovo, tuttavia è bene ricordare che, come suggerisce Marcel Proust, “è possibile osservare le stesse cose con occhi diversi”; ricavandone – aggiungiamo noi - emozioni profonde a tal punto da riallacciarsi alle correnti energetiche sottili come quelle telluriche, ambientali, cosmiche e psichiche, di cui Napoli è smisuratamente ricca e da cui scaturisce il senso di appartenenza al tutto.

Parliamo di Eros la forza dell’amore che ci ricollega alla terra di origine per via genetica e all’universo per via cosmica.

Il senso di tale affermazione è stato approfondito dalle geniali intuizioni di Giordano Bruno nel XVI° secolo e ha ricevuto l’imprimatur, in epoca contemporanea, dalla fisica quantistica.
Parliamo anche della nuova concezione di Homo Eroticus proposta dal sociologo della Sorbona Michael Maffesoli, nel corso di una recente lectio magistralis e riportata in alcuni suoi scritti accademici laddove, in conseguenza della crisi del razionalismo moderno e dello schema sociale che ne è derivato negli ultimi secoli, evidenzia il riaffioramento prepotente della sfera emozionale.
Ciò sarebbe dimostrato dalle nuove aggregazioni di pensiero manifestate attraverso internet, quindi i blog, i social forum, le community, le chat, le newsgroup, tutte orientate in grandi filoni tematici a sfondo emozionale; ovvero il desiderio di rendere pubblici gli interessi comuni, i sentimenti e le emozioni.

E siamo in pieno pensiero postmoderno con protagonista assoluto l’ Homo Partenopeus che da sempre, a causa di un profondo meccanismo genetico, privilegia tale stile vita comunicativo.

A tal proposito giova ricordare che Mario Zifarelli sente l’esigenza di scattare istantanee che ritraggono simboli, segni e miti che per loro stessa natura tramandano insegnamenti antichissimi che solo con il cuore possono essere compresi in epoca moderna e contemporanea.
Per queste ragioni abbiamo a che fare con il fondatore della scuola fotografica esoterica partenopea.

Qui e ora, hic et nunc, le fotografie scattate a una Napoli emblematica che continua a esercitare il suo fascino ammaliatore, rappresentano i segni di riconoscimento di una occulta forma di conoscenza che dal passato irrompe nel presente e si attualizza, perennemente in cerca di coloro che sono in grado di decifrare le misteriose immagini.
“Napoli Svelata” costituisce un dono che intendiamo porgere alla città che ci ha dato i natali e ai nostri fratelli che la abitano, ma è anche un gesto di speranza per un futuro in cui ancora qualche volenteroso cercatore di verità dedicherà la sua esistenza alla decifrazione di quegli stessi simboli.
 
 
 
 

 
 
Fonte: Antonio Tortora