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lunedì 27 maggio 2019
martedì 14 maggio 2019
Epìgrafi Ermetiche nella dimora dei Marchesi Caracciolo di Cervinara
Itinerari Latomistici, torna nuovamente in Campania a Cervinara, per scoprire un interessantissimo Palazzo Marchesale dimora dei Caracciolo, una delle più blasonate famiglie d’Italia[1], che diede natali ad illustri personaggi nel mondo del clero ed a valorosi uomini d'arme. Annovera fra i suoi discendenti un santo San Francesco Caracciolo fondatore dell'ordine dei Chierici Regolari Minori (Caracciolini) [2] e lo storico Ammiraglio e Fratello Massone[3] Francesco Caracciolo Duca di Brienza e Patrizio Napoletano[4], fra i protagonisti di spicco della repubblica partenopea[5] oltre a numerosi maggiorenti nel Regno di Napoli[6].
In questa inconsueta e pregevole dimora storica vi abitarono gli esponenti del Casato dei Caracciolo tra il 1607 ed il 1806.
Il sito si tramanda fu chiamato Cervinara da un altare dedicato dai Romani a
Cerere, dea delle messi, tracce documentate dell’insediamento risalgono ad una
pergamena dell'837 nel quale veniva descritta la donazione del "castrum
quod dicitur Cerbinaria in Caudetanis" al principe beneventano
Sicardo da parte dei monaci di San Vincenzo al Volturno[7].
Il borgo, verosimilmente, sorse tra il IX e il X secolo d.C., in età
longobarda, quando con probabilità le popolazioni si concentrarono, dalle
campagne, intorno al borgo fortificato in località Castello.
Cervinara nella sua storia fu sotto il dominio di numerosi feudatari.
Appartenne prima ad Isabella di Chauville e poi fu suddiviso in due parti, una
ai de l’Etendart e l’altra ai de la Gonesse. Passò quindi ai Carafa, ai
d’Avalos, poi ne venne in possesso il magistrato spagnolo Berardino de
Barrionuevo, che fu il primo marchese di Cervinara e nel 1607 ai Caracciolo che
a seguire trasferirono per linea femminile le proprietà ai Conti del Balzo di
Presenzano[8].
La parte principale dell’edificio gentilizio nell’odierna frazione Ferrari,
fu edificata dagli esponenti della nobile famiglia d’Avalos d'Aquino d'Aragona,
beneficiaria nel 1532 del feudo come donazione da parte del Regio Demanio
Spagnolo[9]. Nel 1562 principiarono i lavori di edificazione del maniero, la
cui costruzione fu terminata solo nel 1581.[10] L’edificio venne acquistato nel
1607 dai Marchesi Caracciolo, a cui rimase in proprietà fino all’abolizione
della feudalità nel 1806.
Fra il 1630 ed il 1650 il Marchese Don Francesco Caracciolo, volle
completare il Palazzo, facendo erigere il maestoso portale di pietra recante
affrescato sulla volta d'ingresso il Blasone della Famiglia. Fra gli interventi
di maggior spicco ancora oggi conservati, fu la creazione di numerose epigrafi
che recano lungo il prospetto della dimora storica numerose effigi
Ermetiche, che richiamano un simbolismo molto noto alle Corporazioni di
Mestiere ed agli studiosi di scienze tradizionali quali l’Alchimia.
Tutti elementi presenti da secoli in Campania, con maggiore concentrazione
nella città di Napoli che ha rappresentato il crocevia dell’Iniziazioni
Ermetiche mediterranee. Questa terra, che sin dalla sua fondazione è
strettamente legata a numerose forme di esoterismo dettate da apporti
sapienziali, ermetici e docetici, che giungevano dall'antico Egitto[11],
passando per la Pitagorica Schola Italica[12] e corroborati dall'apporto
cabalistico, trasmesso nel tempo da comunità di ebrei presenti nell'area del
golfo[13].
Napoli fu anche l’Atanor, dove si generò la forma più importante e
strutturata della Massoneria nel Regno Borbonico. Prese forma e crebbe il
sistema degli Alti Gradi, che a seguire generò nel pensiero di Don Raimondo Di
Sangro Principe di San Severo un profondo cambiamento nel mondo dell’Esoterismo
nel Regno[14].
Il Marchese Caracciolo utilizzò un linguaggio fortemente simbolico, ben noto
nella cerchia di Ermetisti presente da secoli in quel territorio.
Troviamo riprodotti sulla
facciata ben 26 Simboli, che spaziano dalla Tradizione delle Corporazioni di
Liberi Muratori medievali (Archipendolo, Compasso), alla Croce Patente che
richiama fortemente alla memoria la Tradizione Templare, passando per simboli
Alchemici e Solari legati al “Libro della Vita”.
In questo Rosone in verità pur essendo composto da 18 raggi, va contemplato l’elemento centrale che determina il 19, numero Aureo presente anche anticamente nella Liturgia Tridentina[15].
Viene spontaneo chiedersi il perché di quest’opera, sicuramente voluta e giammai casuale, che palesava simboli, notoriamente rivolti ad una cerchia ristretta.
Ci piace pensare, prendendo spunto da recenti studi ed approfondimenti, che
il Marchese che apparteneva ad una delle più fiorenti casate del Regno,
frequentasse come era in voga fra alcuni esponenti illuminati
dell’Aristocrazia, la Napoli ermetica che in quel periodo era influenzata da
numerosi fermenti Rosacruciani[16]. Figure autorevoli dei Cenacoli Alchemici,
frequentarono la Capitale del Regno portando i frutti delle loro ricerche. Fra
questi il Marchese Francesco Maria Santinelli di Pesaro conosciuto negli
ambienti Ermetici con lo jeronimo di Frà Marcantonio Crassellame Chinese,[17]
mecenate e fondatore dell'Accademia de' Disinvolti[18], il quale apparteneva
all’importante Cenacolo Alchemico di Cristina di Svezia.[19]
Potremmo supporre con dati plausibili ma non documentabili, che il Marchese
Caracciolo, trasformò il suo maniero in “Libro di Pietra”, per
poter accogliere i simposi di esponenti di spicco di questo filone di Studi
Tradizionali, trasformandolo probabilmente in Cenacolo Ermetico, così come
negli anni a seguire divennero storici palazzi dell’Aristocrazia del Regno di
Napoli, quali quello di don Raimondo di Sangro Principe di San Severo[20] o di
Don Gennaro Maria Carafa Cantelmo Stuart, Principe della Rocella.[21]
Questo potrebbe dare una chiave di lettura al ritratto che campeggia nella
Sala della Giustizia, ove il Marchese Caracciolo si fece ritrarre con un
bastone, che secondo un recente studio di un ricercatore irpino,
rappresenterebbe l’Asta del Maestro delle Cerimonie[22],
quindi lascerebbe intendere che il padrone di casa svolgesse forse una figura
mecenatica o di ispiratore di un Cenacolo Ermetico.
Probabilmente la Sala della Giustizia, potrebbe essere stata adibita a
queste particolari riunioni, poiché presenta delle caratteristiche che sovente
caratterizzano alcuni Templi e non solo quelli Massonici.
L’ingresso ad Occidente lascia l’Oriente frontale, questo potrebbe essere un
dato interessante, che va a sommarsi agli affreschi presenti i quali
riproducono i Canti della Gerusalemme Liberata, che trae ispirazione anche
dall’opera riprodotta dal pittore fiorentino Antonio Tempesta, detto il
Tempestino, che operò nei primi anni del 1600[23].
I disegni riprendono manieristicamente l’opera del pittore toscano, tanto da
lasciar pensare ad un’opera di scuola Tempestiniana. Difficilmente però il
maestro avrebbe potuto affrescare il Salone, poiché la data di inizio dei
Lavori del palazzo, coincide con la data del decesso del pittore.[24]
Recenti studi, hanno fatto emergere dei dettagli inusitati in altri
contesti, poiché da una attenta analisi, si evince la presenza in alcune
figurazioni di elementi prettamente Ermetici.
Nell’affresco che ritrae il Canto IV della Gerusalemme Liberata ove il Tasso
fa riferimento a personaggi quali Idraòte (re di Damasco) – Armida (nipote di
Idraote) – Eustazio (fratello di Goffredo) – Goffredo ed alcuni cavalieri
cristiani, sono presenti sul calepino di un personaggio ritratto col mantello
vari simboli di origine Ermetica.
Né il Tasso nel suo scritto, né il Tempestino nelle sue pitture, fanno
riferimento a questi pittogrammi. Pare pertanto evidente che fu il Marchese
Caracciolo nel commissionare l’opera a questo pittore ad oggi ancora
sconosciuto, a chiedere espressamente che fossero riportati questi
Simboli, fra i quali possiamo scorgere una lettera G, un
Compasso, un Ottagono, tutte figure sicuramente onuste di simbolismi esoterici
profondi.
La presenza presso il Palazzo di questi riferimenti sia litici che
pittorici, aggiunti su espressa volontà del Marchese Caracciolo, farebbero
emergere una determinazione netta e specifica tesa a rendere un maniero che
nella sua origine voluta dai d’Avalos, aveva un impianto di natura militare,
in una realtà ben diversa ed inconfutabilmente dichiarata, che indicava
in maniera evidente ai più una attenzione verso certi Saperi, verso certi studi
che lasciano presagire frequentazioni con esponenti di ambienti Ermetici.
Ad avvalorare questa ipotesi di Lavoro, è l’area geografica di riferimento,
che vide nel Regno di Napoli il fulcro di un particolare filone legato
prevalentemente all’Alchimia.
Molti aristocratici appartenenti alle più importanti Casate del Regno ebbero
rapporti con importanti Cenacoli Ermetici prima e con la nascente Massoneria a
seguire.
A Napoli infatti il 22 maggio del 1728, fu fondata la prima Loggia
Massonica Regolare in Italia, con il Titolo distintivo “Perfetta
Unione” con bolla di Fondazione emanata della Gran Loggia
d’Inghilterra[25], annoverando nel piedilista i nomi più illustri del
Regno di Napoli[26] dalla quale il 10 dicembre del 1747, il Principe di San
Severo creò un "Cerchio Interno", dando vita al Rito Egizio
Tradizionale[27], la più antica Obbedienza Massonica italiana, attiva ancora
nei Nostri giorni per ininterrotto Tramando Iniziatico.[28] I Fratelli cooptati
su questo Cammino nell'Arte Regia, furono selezionandoli fra Massoni Aristocratici
ed appartenenti ai ranghi più elevati della gerarchia militare, unitamente ad
esponenti all'alta Nobiltà legata alla corte, che già operavano con gli Alti
Gradi Scozzesi. Questo nascente "Cenacolo Iniziatico", che
univa i migliori Ermetisti del Regno, era destinato esclusivamente a quanti
avessero significative nozioni Ermetiche, volto a praticare una strutturata
forma di Massoneria fortemente Operativa, la quale arricchita di un celato
simbolismo e colma di molteplici aspetti Rituali vicini al mito Osirideo,
generò il primo nucleo Iniziatico della nascente Massoneria Egizia. Annoverava
figure di spicco quali il primogenito del Principe Don Vincenzo di Sangro[29],
il Barone di Tschudy, Don Paolo d'Aquino Principe di Palena ed altri Illustri
Fratelli quale il Principe di Tricase, il Duca di Capodichino, il Principe
Michelangelo Caetani, Giovanni Maria Guevara 7° Duca di Bovino ed il già citato
Don Gennaro Maria Carafa Cantelmo Stuart, Principe della Rocella[30]. Tutto
questo attesta con evidenza il legame forte fra Aristocrazia ed Arte Regia, fra
il Regno di Napoli e l’ermetismo, fra la Campania e l’Alchimia. Questa
riflessione, corrobora l’ipotesi che il Palazzo marchesale di Cervinara fu
fortemente voluto da Don Francesco Caracciolo, quale “Libro di Pietra”
e Tempio, ove raccogliere il suo Cenacolo Ermetico.
INDIRIZZO
Piazza Regina Elena, 1
83012 Cervinara (AV)
83012 Cervinara (AV)
TELEFONO
06.904.94.10
06.904.94.10
[1] Il nome di questa famiglia appare menzionato per la prima volta in una pergamena del capitolo e precisamente con la data del 1229- Enciclopedia Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/caracciolo
[2] È stato proclamato santo da papa Pio VII nel 1807. R. Raffaele Aurini, Dizionario bibliografico della gente d'Abruzzo, Colledara, Andromeda editrice, 2002, vol. III (2002), pp. 329-332.
[3]Di Ruggiero Di Castiglione La Massoneria nelle Due Sicilie: E i fratelli meridionali del '700, Volume 1, pag. 157
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Caracciolo_(ammiraglio) http://www.famiglienobilinapolitane.it/Genealogie/Caracciolo%20di%20Brienza.htm
[5] B. Croce, Il Nelson e la capitolazione, in Idem, La Rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti, ricerche, Laterza, Bari 1926 (IV ed.), pp. 266-267.
[6] Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia (6 volumi), Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1875.
[7] http://www.ansa.it/viaggiart/it/city-2002-cervinara.html
[8] La Marchesa Laura Caracciolo di Sant’Eramo (che fra i Titoli nobiliari annovera anche quello di Marchesa di Cervinara) sposa il Conte del Balzo di Presenzano e riceve in dote il Palazzo di Cervinara.
[9] Flavia Luise L’Archivio privato d’Avalos – Napoli Clio Press, 2012 - 484 p. ISBN 978-88-88904-14-6
[10] Flavia Luise (Op. Cit.)
[11] N. Malaise, Les conditions de penetration e de diffusion des cultes egiptiennes en Italie, EPRO n.22, Leida 1972
[12] Tradizione delle scuole Pitagoriche, che continuarono a vivere ininterrottamente fin dai tempi della Magna Grecia. Giuseppe Origlia Paolino, Storia dello studio del Regno di Napoli – Napoli 1753 Vol. I pag. 15-16
[13] Moshe Idel, Kabbalah in Italy, 1280-1510. A Survery Published by: Yale Univerity Press – Copyright Date 2011, Pages 288
[14] Domenico Vittorio Ripa Montesano, "Origini del Rito Egizio Tradizionale" - Quaderni di Loggia - Napoli 2016 ISBN 9788894296488
[15] Missale Romano Monasticum ex decreto sacrosanti concilii tridentini restitutum Sumptibus, Chartis et Typis Friderici Pustet MDCCCXCI.
[16] Domenico Vittorio Ripa Montesano, "Origini del Rito Egizio Tradizionale" - Quaderni Egizi di Loggia - Ed. Riservata Napoli 2016 ISBN 9788894296488
[17] Archivi Storici del Rito Egizio Tradizionale Sovrano Gran Santuario di Heliopolis sedente in Napoli-Edizione Riservata Napoli 1911- Ristampa a cura di Domenico Vittorio Ripa Montesano, ISBN 9788894296419
[18] Oskar Garstein, Rome and the Counter-Reformation in Scandinavia: the age of Gustavus, pag. 755, BRILL, 1964.
[19] Cristina di Svezia e il suo Cenacolo Alchemico Di Anna Maria Partini pag. 120 Edizioni Mediterranea 2010
[20] Domenico Vittorio Ripa Montesano, "Raimondo di Sangro Principe di San Severo primo Gran Maestro del Rito Egizio Tradizionale" Ed. Riservata Napoli 2011 ISBN 9788894296402
[21] Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776) - Regesti a cura di R. Mincuzzi - Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 1969, pp. 59 ss.
[22] Marco Di Donato “Il Tempio dei Caracciolo, ostentazione o crocevia? ”ed. Il Papavero 2015 EAN: 9788898987184
[23] Marco Di Donato “Op. Cit.”
[24] Morì a Roma, 5 agosto 1630. Trasferitosi a Roma nel 1573, lavorò per Papa Gregorio XIII affrescando alcune mappe della Sala delle carte geografiche in Vaticano, tra le quali la famosa Mappa di Roma (1593). Nella capitale pontificia lavorò per molte nobili famiglie e per importanti cardinali come Alessandro Farnese e Scipione Borghese. Sono presenti sue opere a San Giovanni dei Fiorentini, alla villa di Caprarola, a Tivoli. Ernst Gombrich, Dizionario della Pittura e dei Pittori, Torino, Einaudi Editore, 1997.
[25] Al musicista Francesco Xaverio Geminiani primo italiano ad aderire ad una Loggia Massonica speculativa, che già aveva vissuto e svolto la sua attività artistica a Napoli, fu affidata dal Gran Maestro della Premier Grand Lodge Lord Henry Hare terzo Barone di Coleraine (1693-1749), unitamente al Fratello George Olivaros la Deputation, per costituire nella Capitale del Regno di Napoli una Loggia Massonica Regolare. Il documento fu siglato d'Ordine del Gran Maestro ad opera del Segretario della Grand Lodge of England Fratello William Reid l'11 Maggio 1728 e conferito ai due Fratelli Italiani il 22 Maggio 1728, data ufficiale della Nascita della Loggia Perfetta Unione - Ruggero di Castiglione La Massoneria delle Due Sicilie "I Fratelli Meridionali del '700, Gangemi Editore- Roma pag.15-16
[26] Archivio Segreto Vaticano - Nunziatura di Napoli - Nunzio di Napoli Don Gualtiero de Gualtieri - Volume 235, fogli 3-5 Indirizzati al Segretario di Stato, Sua Eminenza Don Silvio Gonzaga Valenti in data 3 Agosto 1751
[27] Vedasi Enciclopedia TRECCANI, Voce: Massoneria, Sub: Cenni Storici al 2° capoverso è la più antica Obbedienza Massonica Italiana fondata nel 1747 da Don Raimondo di Sangro Principe di San Severo Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/massoneria/
[28] http://www.ritoegiziotradizionale.it/ Sito Ufficiale del Rito Egizio Tradizionale Sovrano Gran Santuario di Heliopolis sedente in Napoli®
[29] https://it.wikipedia.org/wiki/Rito_Egizio_Tradizionale
[30] Archivi Storici del Rito Egizio Tradizionale Sovrano Gran Santuario di Heliopolis sedente in Napoli-Edizione Riservata Napoli 1911- Ristampa a cura di Domenico Vittorio Ripa Montesano, ISBN 9788894296419
Fonte: Gran Loggia Phoenix
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venerdì 10 maggio 2019
IL SATOR SPECULARE - Una memoria Templare od un quesito irrisolto?
Questa volta Itinerari Latomistici si sposta in Molise in
provincia di Campobasso, ed esattamente ad Acquaviva Collecroce, un piccolo paese dell'entroterra, ubicato in
una area delimitata dai fiumi Biferno e Trigno appartenente alla Comunità
Montana Monte Mauro. Non vi sono molte tracce storiche sull’origine di questo
borgo, ma un importante ritrovamento di reperti di età romana, tra cui
un'epigrafe sepolcrale, ci testimoniano
una presenza antica su questo territorio. Sono invece maggiormente attestate le frequentazioni del sito in epoca
medioevale.
Fonti storiche,[1] ci
tramandano che Acquaviva già nel 1093 era annoverata tra i feudi del Conte Odorisio
di Sangro membro fondatore dell’Illustre Casata alla quale appartenne Don
Raimondo di Sangro Principe di San Severo e Duca di Sangro[2]. La
località viene inoltre menzionata in una Bolla Pontificia di Papa Bonifacio
VIII (al secolo Benedetto Caetani) del 22 Settembre 1297[3], ove è
confermato il conferimento papale del cenobio di Sant’Angelo in Palazzo,
devoluto all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (l’Ordine Gerosolimitano, che in seguito diverrà di Malta). La cospicua
presenza di popolazioni slave è ampiamente testimoniata sin dal XVI secolo.
Esse giunsero in Italia contemporaneamente alle comunità Albanesi, tra la fine
del XV secolo e gli inizi del XVI secolo, provenienti probabilmente dalla Valle
del fiume Narenta[4],
nell'attuale Croazia e Bosnia ed Erzegovina[5]. Lo štokava-ikava, il croato molisano è l’antica lingua, ed è
tuttora parlata da alcuni residenti, unitamente all'italiano.
Nel XVI secolo le
popolazioni croate diedero nuovamente vigoria al borgo, il cui centro di
Collecroce era stato da tempo abbandonato. Il centro prese il nome di "Sant'Angelo in Palazzo" ed il
governo del territorio appartenne all'Ordine di Malta fino al 1785. Nel 1809 il
territorio fu assoggettato al Contado di Salerno, ed a seguire nel Distretto di
Larino.
Una importanza significativa ha la Chiesa di Santa Maria Ester, nella quale è custodito un medievale
quadrato del Sator, rinvenuto
nella pieve. Molto raro per la sua impostazione speculare, forse fu riportato
nel borgo in età Medioevale dal vecchio monastero di Sant'Angelo, oggi interamente
distrutto.
La chiesa unica nel paese, fu rifondata nel 1715 sulla
vecchia struttura preesistente[6] con i
fondi devoluti dall’Ordine dei Cavalieri di Malta, come si può evincere
dall’Emblema Araldico presente sull’imponente
portale in pietra.
L’opera di edificazione, fu realizzata da maestranze locali
come attesta un'epigrafe coeva, che recita:
D.O.M. AEDEM HANC PENE LABENTEM RUINAEOUE PROXIMAM POPULARIUM PIETAS A
FUNDÀMENTIS A.D. MDCCXV
"L'affetto
dei popolani ricostruì dalle fondamenta questa Chiesa, quasi cadente e prossima
a rovina, nell'anno 1715".
La novella costruzione in pieno stile barocco ha fatto nascere
numerose leggende, principalmente per quanto riguarda le particolari iscrizioni
latine rimaste nel succorpo in prossimità dell’abside. La chiesa di Santa Maria
Ester fu edificata nell’esatto centro del borgo che si sviluppò intorno alla struttura
religiosa. A seguire prese il nome di Acquaviva, in virtù delle abbondanti
sorgenti d'acqua pura tuttora sussistenti, che approvvigionano ancora le numerose
fontane del paese. La peculiarità di questo edificio sacro, è che presenta due
facciate speculari, uguali come
forma e simmetriche.
Nella facciata principale rivolta verso il borgo vecchio, si
palesa un imponente portale Barocco arricchito con fregi ornamentali simmetrici
in pietra sormontato nella parte alta da un finestrone cieco.
Altri interessanti elementi ornano questa chiesa, il paliotto
del Cristo risorto, la nicchia finemente decorata per l'esposizione del SS.
Sacramento, sormonta il tabernacolo. Dietro l'altare Maggiore vi è l'antico
coro ligneo che veniva utilizzato dai canonici durante le celebrazioni rituali.
L’elemento però, che maggiormente ha catalizzato la nostra attenzione, è la
presenza all’interno della struttura di due manufatti litici, che riportano il
famoso quadrato magico conosciuto come SATOR.
Fino a non molto tempo addietro l’epigrafi erano collocate
sui muri esterni della chiesa unitamente ad alcune vestigia antiche.
Il quadrato del Sator è ricorrente nei ritrovamenti anche
archeologici. Rappresenta una iscrizione latina, in forma di quadrato magico,
composta dalle cinque seguenti parole: SATOR,
AREPO, TENET, OPERA, ROTAS.
La loro peculiarità risiede nella giustapposizione, che
seguendo l'ordine indicato, dà luogo ad un palindromo, che consente di leggere
la frase da sinistra a destra o viceversa, rimanendo identica.
Di testimonianze analoghe ve ne sono molte e non solo in
Italia (come abbiamo documentato sul nostro articolo di Itinerari Latomistici
relativo al Duomo di Siena del 22.2.218 ove abbiamo anche parlato della valenza
del palindromo).
Ne sono stati rinvenuti esempi nei sotterranei della basilica
di Santa Maria Maggiore in Roma, nelle rovine romane di Cirencester (l'antica
Corinium) in Inghilterra, nelle rovine della fortezza romana di Aquincum in
Ungheria, a Santiago di Compostela in Spagna, a Oppède in
Vaucluse, a Puy-en-Velay, nella corte della Cappella di Saint-Claire, nella
Certosa di Trisulti a Collepardo (FR), nel castello di Rochemaure
(Rhône-Alpes), a Riva San Vitale in
Svizzera, solo per citarne alcune fra le più note.
La particolarità che rende quasi unico questo ritrovamento è
legata al suo aspetto Speculare.
L'epigrafe del SATOR di Acquaviva appare nella sua forma
inversa, ossia le cinque parole sono scolpite ad iniziare da ROTAS poi OPERA, TENET, AREPO e SATOR.
Pertanto rispetto alla formula solita SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS la
composizione è assolutamente inversa.
Non essendo un sito particolarmente noto, ad oggi non è stato
oggetto di studi importanti od approfonditi, quindi rimane ancora un incognita
sul perché di questa singolarità.
Qualcuno a cercato di far risalire l’origine di queste
Epigrafi ad antichi possedimenti Templari in Sant’Angelo in Palazzo, devoluti
all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme con Bolla Papale[7]. Un atto
così perentorio, lascia trasparire una confisca di beni poi devoluti, aspetto
che caratterizzò in un determinato periodo storico i possedimenti templari, che
come ampiamente dimostrato passarono proprio all’Ordine Gerosolimitano, che a
seguire divenne di Malta. A supportare questa tesi, è che atti analoghi furono inferti in larga parte della cristianità a danno dei
Templari. Lo specifico periodo storico, in quanto siamo nel 1297, non è però storicamente
corretto poiché non siamo ancora in una fase di persecuzione Templare. Volendo
essere precisi Il 14 settembre 1307 il re di Francia Filippo IV detto il Bello,
inviò messaggi sigillati a ceralacca recanti le sue insegne a tutti i suoi
balivi, siniscalchi e comandanti militari del Regno, ordinando l'arresto dei Templari
e la confisca dei loro beni, che vennero eseguite contestualmente il venerdì 13
ottobre 1307. L’atto com’è noto riuscì,
in quanto fu astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari
di Francia. I Cavalieri, convocati con
la scusa di accertamenti fiscali, vennero tutti arrestati. Ma ciò avveniva
sotto il papato di Clemente V, che salì al Soglio Pontificio nel 1305, quindi
questo atto descritto, avvenne precedentemente.
Pertanto questa teoria vacilla, anche perché oltre alla
presenza del SATOR (che comunque è presente anche in numerose vestigia romane),
non vi sono prove concrete di questa presenza templare.
Viene pertanto spontaneo chiedersi perché queste Epigrafi
siano speculari ?
Secondo quesito che viene naturale porsi è: perché rispetto alla
maggior parte degli altri analoghi manufatti ritrovati, l’epigrafi del SATOR (che
è probabile che provengano proprio da Sant’Angelo in Palazzo), appaiono
grossolane con un fregio che richiama alle forme di pesci ed il disegno a lato
del quadrato magico è realizzato in maniera molto approssimativa.
In risposta a questo quesito alcuni studiosi anche locali
sostengono una teoria plausibile, ma assolutamente priva di riscontri storici la
quale vuole che: “l'epigrafe del SATOR provenga proprio da Sant’Angelo in Palazzo e
fosse stata utilizzata dai Templari quale insegna indicante che in quel luogo
si svolgeva un'attività particolare, l'archiviazione di importanti documenti
oppure qualcosa di più prosaico, forse la custodia di parte delle ingenti
fortune dell'Ordine. Quindi un simbolo puramente indicativo, un segnale
attestante ai viandanti “informati” che in quel luogo era possibile reperire o
depositare contanti. Oggi la chiameremmo “banca” [8].
Secondo questa tesi, gli epigrammi potevano indicare che
l'attività svolta dai Templari in quel luogo, non fosse pertanto quella di
depositare denaro ma di prestarlo, la funzione inversa, che giustificherebbe
l’incisione speculare del SATOR.
Il prestare denari, semmai con tassi elevati, non era certamente
un’attività ben vista dalla Chiesa di Roma. E’ probabile pertanto che, una volta ceduto
il possedimento di Sant'Angelo in Palazzo all'Ordine di Malta, i Gerosolimitani
abbiano voluto abbandonare la struttura e quindi cancellare qualsiasi ricordo connesso
a questa attività.
In verità la traccia a noi non appare forte, anche perché assolutamente
priva di riferimenti documentati e documentabili.
Un’altra tesi riportata da un Fratello di origini molisane,
sostiene che come si tramanda in loco, che la chiesa fu realizzata con due
facciate speculari in omaggio alle due Epigrafi anch’esse speculari, ma non
abbiamo fonti indubbie per attestarlo.
L’unico dato inequivocabile, è che ad oggi non vi sono
risposte che ci diano soluzioni storicamente accertabili.
Un’analisi del palindromo speculare, ci porta ad una sola
riflessione certa, che qualunque sia la chiave di lettura tanto lineare, che anfibologa
, che bustrofedica pur sempre disponendo le parole sulla matrice quadrata, si
ottiene una struttura che ricorda ugualmente quella dei quadrati magici di tipo numerico.
Le cinque parole, benché speculari, si ripetono se vengono lette da sinistra a
destra e da destra a sinistra, oppure dall'alto al basso o dal basso in alto. Rimane
pertanto immutato, al centro del quadrato, la parola TENET, che analogamente forma una croce palindromica divenendo
ugualmente l’asse del SATOR.
Questo indurrebbe ad una lettura Sferica del Simbolo[9], che
però richiede l’uso di strumenti meno comuni.
Indirizzo:
Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquaviva Collecroce
Piazza
Nicola Neri
86030
Acquaviva Collecroce (CB)
[1] CIARLANTI
V.G. – Memorie historiche del Sannio – Isernia 1644
[2] Filiberto
Campanile, L'historia dell'illvstrissima famiglia Di Sangro, Napoli, 1625.
[3] Les
registres de Bonifacio VIII, a cura di G. Digard, M. Faucon, A. Thomas, R.
Fawtier, Paris 1884-1935 (vedi anche la recensione di B. Hauréau, in Journal
des Savants [1891], pp. 236-243, 301-307)
[4] La
Narenta (in bosniaco Neretva) è un fiume della Bosnia ed Erzegovina e della
Croazia, ha una lunghezza complessiva di 225 km, 203 dei quali sono in
Erzegovina mentre i 22 km finali attraversano la regione raguseo-narentana in
Dalmazia.
[5] Rešetar
Milan, La colonie serbo-croate nell'Italia meridionale, 1911 (trad. italiana
1997)
[6] sempre
di proprietà dell'Ordine di Malta, che all'epoca della ristrutturazione, si
presentava troppo malmessa ed in precarie condizioni statiche per essere
ristrutturata.
[7] Les registres de Bonifacio VIII, a cura di G.
Digard, M. Faucon, A. Thomas, R. Fawtier, Paris 1884-1935
[8] Di Paola D’Ortona C. - Sulle tracce
dei Templari. I Cavalieri del Tempio dalla Terrasanta al Molise – Musagete ISBN-10:
8884600243ISBN-13
[9] Domenico
Vittorio Ripa Montesano RITUALE IN GRADO DI MAESTRO MURATORE della Gran Loggia
Phoenix degli Antichi Liberi Accettati Muratori – Roma 2010 Edizioni Gran Loggia Phoenix ISBN 978-88-905059-3-5
FONTE: Gran Loggia Phoenix
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