I fratelli apprendisti vedono il primo sorvegliante aprire la Bibbia al Vangelo di S: Giovanni dove è scritto l'incipit "In principio era il Verbo.". Ecco il potere creativo della parola è stato subito esaltato. Del resto nelle prime pagine del "libro della legge sacra" viene descritta la creazione del mondo evocando il mistero della parola : fiat lux, e la luce fu. Anche il rito di iniziazione degli apprendisti non si può dir compiuto fino a quando il maestro venerabile non pronuncia alcune parole precise : "Ti inizio, nomino e proclamo, fratello apprendista libero muratore". Con la parola si esprime pienamente un pensiero, un desiderio, un'accettazione, un comando. Con la parola si entra rapidamente in relazione con gli altri, ottenendo subito risposta positiva o negativa. Disponiamo anche di un linguaggio non verbale : il sorriso, la smorfia, tutte le gamme della mimica facciale e corporale. Ma la parola è lo strumento sovrano delle relazioni umane, dello scambio di informazioni. Ebbene questa grandiosa facoltà della parola è stata tolta agli apprendisti; per mesi, forse per anni, essi non potranno parlare nel Tempio. Si tratta davvero di una costrizione imposta oppure è una libertà concessa ? Rappresentiamoci la condizione dell'apprendista : egli è libero di ascoltare senza dover mai contribuire con le sue argomentazioni. Può ascoltare in pace, lasciar risuonare in se stesso le parole che gli giovano, può far scivolare via le altre parole che non vibrano in sintonia con lui. L'apprendista ha diritto al silenzio e quindi gli viene accordato tale privilegio.
Imparare il silenzio.
Ma il silenzio è un'arte da apprendere. "Il silenzio è una grande cerimonia", dicevano i monaci dei primi secoli cristiani. E Gandhi notava che "il silenzio apre una via". Qui, è chiaro, non si tratta più del banale silenzio che consiste soltanto nel tacere. Lo diceva bene S. Basilio il grande : "La vera ricerca del silenzio è l'inizio del cambiamento dell'anima". Possiamo dire che il silenzio scava. Il silenzio prende le distanze dal chiacchiericcio inconcludente. Per i Massoni il silenzio è una pausa fra due catene di pensieri. La mente corre incessante. Tutta la tradizione, occidentale e orientale, ha sviluppato perciò tecniche capaci di calmare la frenetica attività della mente, di creare qualche momento di silenzio mentale. E' probabile che alcuni apprendisti abbiano praticato la meditazione e che altri, invece, non ne abbiano mai sentito parlare. Qui ci basta dire che la meditazione silenziosa, o vuoto mentale, esiste in varie discipline ed istituzioni. Se adesso parliamo del silenzio mentale, è soltanto per additare qualcosa che si collega al silenzio dell'apprendista. Il silenzio mentale, comunque, di solito non è fine a se tesso, ma prelude all'accoglienza di una sola immagine, o di una sola idea, che il meditante riesce a sviluppare fino all'estremo. Del pari il silenzio dell'apprendista è punto di partenza per ulteriori lavori. Lo dice bene il poeta Gibran : "Solo quando bevete al fiume del silenzio, potete cantar davvero". (1) Risulta intanto ben chiaro che senza il lavoro attivo dell'apprendista il silenzio effettivo non si verifica. L'apprendista può restare muto, ma non per questo in silenzio. Potrebbe distrarsi, seguire concatenazioni mentali infinite e profane. Mentre ascolta i fratelli, potrebbe formulare risposte. Potrebbe pensare : "Ah, se potessi parlare! Gli direi così e così, perché di questo argomento io si che me ne intendo". Ma se pensasse risposte, giudizi, valutazioni, approvazioni o disapprovazioni, l'apprendista avrebbe sprecato il suo silenzio. Sarebbe un silenzio impaziente, iroso, logorante. Invece l'apprendista si arricchisce nel silenzio se riesce ad ottenere un calmo silenzio interiore.
Far posto alla parola.
Non solo l'apprendista, ma tutti i muratori in loggia ed in particolare nel Tempio, sono tenuti ad ascoltare con silenzio interiore, quel silenzio che "fa posto" alle parole del fratello. Questo è il vero ascolto in Loggia. Non è facile, ma l'apprendista ha tutto il tempo che vuole per esercitarsi; favorito dal suo diritto e privilegio a tacere. In una Loggia dove si pratica bene l'Arte Reale, è bello notare un intervallo dopo le parole di un fratello. Un intervallo in cui finalmente si valuta quel che si è inteso e si prepara, con calma, il proprio eventuale contributo. Perché prima c'era il silenzio d'accoglienza, il silenzio che fa posto agli altri.
Condividere la verità. E c'era anche qualcosa da segnalare fortemente all'attenzione degli apprendisti; c'era la condivisione della verità. Si tratta della capacità di riconoscere come vero ciò che l'altro sta dicendo. Almeno per un istante, ma con tutto il cuore. Non basta che io pensi "Si, questa è la sua verità", perché con quel "sua" mi distacco e mi allontano; giudico e compatisco. Mentre il vero e totale ascolto fraterno riesce ad accettare come vera l'affermazione fraterna. Ripetiamolo, non importa la durata di questa accettazione, purchè sia colma di simpatia. Del resto sappiamo che la verità umana si mostra come nelle mutevoli facce del prisma che gira e riflette la luce. Si dice spesso in massoneria che la verità è prismatica. Si dice anche che la massoneria è l'unica società realmente progressista perché non pone limiti alla ricerca della verità. Allora possiamo tranquillamente, per un istante, accettare una verità diversa dalla nostra. Sarà come esplorare con gioia un nuovo territorio. Attenzione però! Questa accettazione dell'altrui verità si può praticare soltanto nel Tempio massonico dove c'è scritto "Libertà, Uguaglianza, Fratellanza", dove si aprono i lavori all'insegna di "serietà, senno, benefizio e giubilo". Insomma è presumibile che nel Tempio massonico nessuno parli per esaltare il delitto o per incitare alla magia nera o quant'altro di negativo. Aggiungerei che è auspicabile che nel Tempio nessun fratello parli senza prima aver lasciato fuori dalla porta del Tempio le passioni profane che lo agitano.
Filtrare la luce.
Finora abbiamo indicato due tecniche di massoneria operativa. Prima, far posto alla parola ascoltata. Seconda, accettare per un attimo la verità che si ascolta. Ma c'è una terza tecnica, necessaria soprattutto ai fratelli apprendisti. Questi giovani che entrano in una èlite si attendono esempi sublimi, insegnamenti importanti. Forse ne troveranno in abbondanza e forse no. Dipende dagli anziani, certamente, ma dipende molto dagli stessi apprendisti. Essi devono imparare a percepire soltanto la parte luminosa che brilla in ciascuno dei fratelli maestri. Il rituale di apertura dei lavori dovrebbe aiutare a lasciare fuori dal Tempio le parti oscure, negative, profane. I muratori dovrebbero lasciarle in guardaroba con gli ombrelli ed i cappotti. Ma non sempre ci riescono al cento per cento. Allora compito degli apprendisti sintonizzarsi unicamente sulla parte luminosa degli anziani. Come? Pensiamo al respiro : il naso raccoglie tutta l'aria, ma i polmoni trattengono soltanto l'ossigeno e fanno uscire l'anidride carbonica. Quando respiriamo non ci incolleriamo con l'anidride carbonica, anzi non ci badiamo neppure : semplicemente la lasciamo andare. Allo stesso modo gli apprendisti devono cogliere quanto c'è di benefico, positivo, luminoso. E' come se gli anziani dicessero : "Prendete il nostro ossigeno! Il resto scartatelo, ignoratelo, perché non siamo ancora perfetti". Non ancora perfetti : un'affermazione umile e nello stesso tempo piena di speranza. Il libero muratore infatti ha chiara consapevolezza della terribile distanza che lo divide dal traguardo della piena iniziazione; e tuttavia sa di aver intrapreso il giusto cammino. Occorre aggiungere che quest'invito a cogliere solo la parte luminosa non è un'astuzia massonica, ma un consiglio che ricorre in tutte le tradizioni sapienziali. Così anche la terza tecnica operativa è stata enunciata. Possiamo dunque riassumere : il silenzio insegna a far posto agli altri; il silenzio aiuta a scoprire la verità; il silenzio induce a cogliere la parte luminosa dei fratelli.
MEDITIAMO, RIFLETTIAMO, IMPARIAMO A RICERCARE LA VERITA', MA IN SILENZIO.
Fonte : Fr.'. Leonida