sabato 14 agosto 2010

Agape

In ogni ordine iniziatico, in una tradizione che si tramanda dalla notte dei tempi, dagli albori della storia dell’uomo, esiste un momento particolare, importante, e allo stesso tempo sacro e magico, in cui si condensano tutti gli aspetti simbolici ed evocativi dell’Opera alchemica di cui la Tradizione è portatrice.
Tale momento, l’Agape, è il richiamo a tutti quegli aspetti che fanno parte di quel percorso di trasmutazione, immerso nel contesto dei ritmi naturali, cosmici ed universali, fuori e dentro l’entità Uomo.
L’Agape, oltre a questo, è senza dubbio l’espressione più alta del vivere comune nel contesto della vita di una scuola iniziatica.
Agape, dal greco “Agape”, come dice la parola stessa, significa amore; il banchetto rituale legato ai solstizi e agli equinozi, che scandiscono le quattro fasi stagionali dell’anno, è così chiamato per la condivisione d’amore che scaturisce dall’esperienza convissuta dai confratelli nell’assimilazione del cibo e della sua successiva trasformazione.

L'ultima Cena - Leonardo Da Vinci

Ma perché accostare l’Amore al mangiare?

Lo stesso Gesù ha manifestato i suoi più profondi insegnamenti ai discepoli proprio all’interno di un banchetto sacro.
L’Agape ha la duplice valenza di evocare analogicamente il processo alchemico personale di ogni commensale come quello di generare realmente un’opera alchemica nell’atto stesso della trasmutazione dei cibi.
Ciò che ne deriva è qualcosa che va quindi al di là della gioia, dello stare insieme e della condivisione di un’esperienza emotivamente forte.
L’Agape è allo stesso modo qualcosa di tangibile e di miracoloso, qualcosa di estremamente fisico e spirituale.Disporsi in uno stato rispettoso, di ascolto, di apertura agli altri e al rito stesso, crea, assieme ai supporti olfattivi, visivi, auditivi, gustativi e tattili un assorbimento totale nella compenetrazione della materia con lo spirito.
Nell’Agape si abbandonano tutti i metalli, tutte quelle zavorre o maschere che nascondono il nostro vero Essere.
Ci si riconnette completamente alla natura fisica ed animica di noi stessi attraverso la scomposizione ritmata del cibo che andiamo ad assumere.
Tutto miracolosamente prende voce attraverso la percezione della vibrazione modulata che mangiamo con la forma che la contiene.
I cibi è come se risuonassero, le bevande allo stesso modo è come se parlassero alle nostre cellule della loro vera natura.
Tutto diventa Unità.
Tutto, attraverso la scomposizione della forma, torna ad essere unità con il tutto.
Gustando ed assorbendo l’essenza ed il principio di ogni cibo, lo facciamo nostro, lo assimiliamo coscientemente al nostro essere che né riconosce la comune sostanza fisica, la medesima origine di essere creato.
Ci si riappropria della natura divina creatrice, poiché trasformando con coscienza si crea!
Il cibo a sua volta assorbe la nostra energia, al momento della preparazione, come anche in quello della degustazione.
Tutto il mistero è qui.
Nell’atto del mangiare.
E, in fondo, il simbolo forte racchiuso dietro questo antichissimo rituale, alla base del sacerdozio di Melkitzedeq, è proprio l’identificazione tra il cibo e chi lo mangia, generando ed evocando l’uroboros che mangia se stesso.
Il cibo è come una pellicola fotografica: assorbe tutto ciò che noi siamo e allo stesso tempo, assumendo noi lo stesso cibo, assorbiamo l’impronta di noi stessi.


Atanor Alchemico
All’interno dell’Agape tutto è scandito da gesti, tempi e modi che accompagnano la forma e la materia del cibo al “sacrificio”nell’atanor di noi stessi.

L’Atanor, anch’esso termine greco, che significa crogiolo, ma che deriva direttamente dalla parola Atanatos cioè senza-morte, è proprio il luogo dove tutto si trasmuta passando da una condizione mortale ad una immortale.
E’ proprio in questo processo di digestione, di consumazione, di separazione e di putrefazione che la materia si trasforma in spirito liberandosi dalla prigione dei metalli e diventando lei stessa Luce.
Per un iniziato l’Agape è il principio e la fine e un nuovo inizio di ogni fase della propria trasmutazione.
L’Agape ci riconnette con l’Universo ristabilendo il patto tra Dio e l’Uomo, tra Kether e Malkuth.
E proprio come Gesù disse nel contesto dell’ultima cena: “Io sono il pane della vita, chi mangia di questo pane (del mio corpo), vivrà in eterno”, così allo stesso modo il mangiare sacralizzando il cibo e l’atto stesso del mangiare, ci avvicinano alla comprensione del mistero nascosto dietro il rituale dell’ultima cena.
L’Agape è l’ingresso ai misteri della Vita, è il rituale sacro che inverte la posizione della squadra.
Al termine dell’Agape si può realmente dire: “non è importante ciò che entra nella bocca di un uomo, ma ciò che vi esce…”.
Il miracolo è compiuto, poiché il cibo che entra nella bocca con tutte le sue impurità, alla fine, ne riesce sotto forma di Spirito e di Luce.

Fonte :FR.'. Leonida