Erano gli ultimi sopravvissuti … i compagni erano caduti sotto il fuoco dei gendarmi borbonici e dei contadini aizzati dai ciaurri. In 53 erano morti nelle strette viuzze di Padula e altri 150 erano stati catturati: la forca li attendeva.
Marciarono tutta la notte con il timore negli occhi e la speranza nel cuore. Finalmente, nella prima luce dell’alba apparvero le case di Sanza, dove forse avrebbero trovato rifugio. Si avvicinarono guardinghi, il silenzio era totale … sentivano il sangue pulsare nelle tempie e il sudore scorreva a rivoli sui corpi martoriati dalla stanchezza.
Poi all’improvviso la quiete opalina dell’aurora fu rotta dalle campane della chiesa che suonavano a martello e una masnada inferocita li assalì gridando “mina i briganti”. Fu un balenare di lame, un’esplosione di grida, un fiume di dolore.
Così venne massacrato Giovan Battista Falcone, bello dei suoi ventun anni, sognava il volto di sole e di luce della libertà e invece, in quel giorno d’estate, trovò l’abbraccio fatale della morte.
Di questo giovane patriota nato ad Acri nel 1836 parleremo nel Convegno in oggetto. La sua storia breve e drammatica servirà a ripercorrere un episodio fondamentale del nostro Risorgimento: la spedizione di Sapri, voluta, progettata e guidata da Carlo Pisacane.
Figura interessantissima di rivoluzionario, mazziniano prima e proto socialista in seguito, Carlo, figlio di Gennaro Pisacane duca di San Giovanni, fu alfiere del 5° Reggimento di fanteria di linea del Regno di Napoli e, date le sue indubbie doti di comando, era destinato, secondo i più, ad una brillante carriera militare.
Invece preferì la vita dell’esule, migrò a Londra e quindi a Parigi dove incontrò Dumas, Hugo, Lamartine, Mazzini. Si confrontò con Giuseppe Ferrari e Carlo Cattaneo, lesse Proudhom e Fourier, combatté in Veneto e in Lombardia e, con Garibaldi, lottò per la difesa della Repubblica romana.
Precedentemente aveva militato come sottotenente nella Legione straniera e durante la campagna d’Algeria si convinse che contro un esercito regolare, sarebbe stata vincente una ben organizzata guerriglia, un’esca che avrebbe fatto esplodere un’insurrezione di popolo contro la quale nessuna armata avrebbe potuto opporsi.
Da qui il progetto della spedizione di Sapri e il suo incontro con Giovan Battista Falcone col quale morì abbracciato nella tetra alba di Sansa.
Tanti argomenti, dunque, da trattare in questo Convegno di Acri che fu, come tutta la Calabria terra di Libertà, tanto che Ferdinando II di Borbone, quando voleva indicare un apostolo della redenzione italiana lo definiva “testa di calabrese”.
Quelle terre aspre e bellissime, di mare e di monti, nutrirono, infatti, figli indomabili, disposti a sacrificare la loro vita per il sacro trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.
Marciarono tutta la notte con il timore negli occhi e la speranza nel cuore. Finalmente, nella prima luce dell’alba apparvero le case di Sanza, dove forse avrebbero trovato rifugio. Si avvicinarono guardinghi, il silenzio era totale … sentivano il sangue pulsare nelle tempie e il sudore scorreva a rivoli sui corpi martoriati dalla stanchezza.
Poi all’improvviso la quiete opalina dell’aurora fu rotta dalle campane della chiesa che suonavano a martello e una masnada inferocita li assalì gridando “mina i briganti”. Fu un balenare di lame, un’esplosione di grida, un fiume di dolore.
Così venne massacrato Giovan Battista Falcone, bello dei suoi ventun anni, sognava il volto di sole e di luce della libertà e invece, in quel giorno d’estate, trovò l’abbraccio fatale della morte.
Di questo giovane patriota nato ad Acri nel 1836 parleremo nel Convegno in oggetto. La sua storia breve e drammatica servirà a ripercorrere un episodio fondamentale del nostro Risorgimento: la spedizione di Sapri, voluta, progettata e guidata da Carlo Pisacane.
Figura interessantissima di rivoluzionario, mazziniano prima e proto socialista in seguito, Carlo, figlio di Gennaro Pisacane duca di San Giovanni, fu alfiere del 5° Reggimento di fanteria di linea del Regno di Napoli e, date le sue indubbie doti di comando, era destinato, secondo i più, ad una brillante carriera militare.
Invece preferì la vita dell’esule, migrò a Londra e quindi a Parigi dove incontrò Dumas, Hugo, Lamartine, Mazzini. Si confrontò con Giuseppe Ferrari e Carlo Cattaneo, lesse Proudhom e Fourier, combatté in Veneto e in Lombardia e, con Garibaldi, lottò per la difesa della Repubblica romana.
Precedentemente aveva militato come sottotenente nella Legione straniera e durante la campagna d’Algeria si convinse che contro un esercito regolare, sarebbe stata vincente una ben organizzata guerriglia, un’esca che avrebbe fatto esplodere un’insurrezione di popolo contro la quale nessuna armata avrebbe potuto opporsi.
Da qui il progetto della spedizione di Sapri e il suo incontro con Giovan Battista Falcone col quale morì abbracciato nella tetra alba di Sansa.
Tanti argomenti, dunque, da trattare in questo Convegno di Acri che fu, come tutta la Calabria terra di Libertà, tanto che Ferdinando II di Borbone, quando voleva indicare un apostolo della redenzione italiana lo definiva “testa di calabrese”.
Quelle terre aspre e bellissime, di mare e di monti, nutrirono, infatti, figli indomabili, disposti a sacrificare la loro vita per il sacro trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.
Fonte: GLDI